Super Mario contro il Branzino di Piazza Grandi.

Qui sotto nella piazza dove abito c’è una pescheria coi fiocchi. Stamattina ho preso un branzino che è una meraviglia, decisamente un bonus inaspettato. Stasera al forno con un paio di patate, un goccio di vino bianco e del prezzemolo ci renderà felici.  In venti minuti.

Certe volte ci vuole proprio poco.

Oplà, mi ha messo talmente di buon umore che appena presa la chitarra in mano mi è rivenuto in mente quel capolavoro di leggerezza della colonna sonora di supermario.  Tempo fa dissi che prima o poi avrei postato la mia versione per chitarra: eccola qui sopra. A me fa venire in mente proprio un branzino che sguiscia e saltella da super mario alla mia padella. Ma ho un pò fame in effetti.

Aglio e olio contro tutti.

Tre mesi che non scrivo nulla:

riflettevo sul fatto che raggiungere un obiettivo per cui vale la pena di farsi delle pacche sulle spalle può renderti felice e svuotarti allo stesso tempo.

Il prodotto finito per te che gli hai dedicato pensieri su pensieri e azioni su azioni ti sembra minuscolo su tutti i fronti. Dentro c’è talmente tanto che ti sembra impossibile che non scoppi. E invece è là. E non scoppia mica. E contiene proprio tutto.

E se lo tiene stretto, porca paletta.

Ci vuole un pò ad accettare l’idea che la progettazione e la realizzazione siano finite in un oggetto finito.

Ecco perché adoro quelli che vengono chiamati “fallimenti”.

In un progetto fallimentare c’è sempre qualcosa di progettabile, di perseguibile, di possibile e non finisce proprio niente.

Niente finisce dentro nulla, niente si concretizza, o solo quel poco che basta a darti l’illusione di essere sulla strada giusta per capire come imboccare meglio quella sbagliata.

Che è un dramma e una libidine.

Forse è un problema estetico e di dimensioni sproporzionate fra i pensieri, le azioni e quello che concretizzi.

Facciamo così: a dipingere l’immensità del cielo di rosso bastano un paio di occhiali da sole. Meglio piccoli.

Così stavolta il prodotto è decisamente più infinito della progettazione.

E invece no, ancora una volta i vermicelli aglio e olio battono anche questa.

Piatto forte.


Da oggi su tutte le tavole.
Qui ce n’è un assaggio, giusto un aperitivo volante e poco indiegesto.

E’ il piatto forte, quello fatto con gli ingredienti migliori che ci sono , attesi nella stagione in cui maturano e colti nel momento giusto per dare il meglio.
L’abbiamo cucinato in cinque , sporcandoci le mani con estrema perizia , attenti a non stracuocere dall’entusiasmo.

La ricetta però rimane segreta, perché a me l’alone di mistero che ha gettato la signora dell’ultima trattoria di forlì sul segreto del suo ragù da meditazione ha aggiunto un fascino inafferrabile a quella delizia.
E dai maestri si impara tanto.

Spero gradiate.

Sushi session. Nirvana!

Stare in studio a registrare con le persone giuste è la cosa più bella del mondo.

Quando va tutto come dovrebbe, quando ti sei divertito , quando ti sei impegnato , quando hai imparato un sacco di cose, quando registri uno strumento in una maniera diversa dal solito o quando ne scopri uno nuovo ,quando ti sei messo alla prova e hai portato a termine quello che pensavi fosse impossibile e quando per una volta tanto … è tutto vero e non sei nel tuo letto appena sveglio ,ma nel tuo divano a notte inoltrata a scrivere qui sopra perché tutta sta fortuna non sai dove andarla ad urlare non puoi che ringraziare .

Chi o che cosa non lo so , però grazie.

Se in mezzo a tutto ciò ti capita pure una cena al giapponese più buono di milano con i complici delle registrazioni in questione , dove finalmente per la prima volta vedi uno dei due godere in pubblico boccone dopo boccone, ” che buono” dopo ” che buoooono” , “buono eh? ” dopo “buono eh?”, quando per anni hai cercato invano in quella faccia un lampo d’istinto esibito senza controllo… non puoi che continuare a ringraziare.

Grazie.

Amaro Forte di Fine Pasto.

In un rapporto di amicizia c’è sempre uno che da più dell’altro .
E capita che quando quello che dà ha bisogno di ricevere debba andare da qualcun altro.
Per il quale sarà quello che riceve più di quanto dà.

L’illusione dell’amicizia e del fare squadra è quello che chiamo dio , ma forse non esiste . Forse non a trent’anni. Esiste il dare, ed esiste il ricevere da chi non vorresti.

Esiste proiettare su una persona ciò di cui hai bisogno, e rimanerci male quando non te lo dà giustificandolo come un episodio. E invece no: creiamo noi ciò che ci serve, quando ci serve parecchio.

Amarissimo.
Pera di Nick Drake a palla in cuffia, subito.

Autoproduzione urgente.

Leggo oggi sul giornale che è stato arrestato un ex comandante dei carabinieri che produceva parmigiano grattugiato con gli scarti avariati e le croste di formaggio , per poi rivenderlo a note e grandi aziende che ce lo spiattellano in busta scintillante salvafreschezza nei banconi del supermercato.

Non è una novità, si chiama truffa. E in italia siamo fra i più bravi al mondo, ma sul cibo mi preme particolarmente.

Sono un pò stufo di considerare un privilegio mangiare una patata che sia una patata e sappia di patata, e invece sempre più spesso appena trovo un peperone che sa di peperone mi stupisco e mi sembra il paradiso. Siamo messi malino.
Almeno le piccole aziende agricole a piccola conduzione che producono in maniera semplice , se resistono alle offerte delle multinazionali, tra qualche anno saranno i soli detentori di alimenti di importanza basilare . Un solo pomodoro che sa di pomodoro varrà più di un barile di petrolio.

A forza di mangiare merda ci stiamo disabituando al concetto che mangiare bene , e per bene intendo semplice , dovrebbe essere la norma. Semplice significa che una mucca è una mucca, che un prato per pascolare è un prato per pascolare e che il latte che ne deriva viene dalle sue mammelle .
Il paradosso, non privo di giustizia sociale in qualche modo a vantaggio dei piccoli produttori stritolati dai supermercati, è che in futuro il lusso sarà potersi permettere di mangiare semplice e sano come l’ultimo dei braccianti di solo un secolo fà.

Pane e cipolla fatto con il pane e la cipolla tra meno di 20 anni sarà rarissimo e costoso come una cena a base di aragoste e caviale sul tetto dell’empire state building. Il “biologico” che c’è in giro ora fa leva su questo concetto, ma quelli con un palato e il cervello ancora non abbrutiti intuiscono che è solo un’altra invenzione di marketing per farci strapagare una cosa che sarebbe dovuta : mangiare un limone che sa di limone.

Quindi, intanto penso proprio di inziare a coltivarmi un bell’orticello con almeno le verdure principali. Oltre a ritrovare qualche sapore che sto per dimenticarmi, non vedo l’ora che si presenti qualche illuminato imprenditore milanese che voglia inscatolare in “le primizie di una volta” il frutto del mio sudore. Caro mio, col cazzo che faccio diventare fuffa anche uno stronzissimo pomodoro del mio giardino . E’ il più stronzo dei pomodori e tale resta, ma non lo vendo. So da dove viene, sa di pomodoro , è uno stronzissimo pomodoro.
Quello che dovremmo trovare normalmente dentro una scatola di pomodori.

Fortunatamente il mio orticello musicale produce primizie dal sapore difficile.
A proposito, fra poco più di un mese una di queste primizie sarà in vendita .
Lo baratto con un paio di melanzane autoprodotte .

Tempi di preparazione.

Sbagli belli e paste scotte.

C’è una cosa che in musica ha una connotazione completamente diversa che in cucina: l’errore.

Molte volte mi è capitato di sbagliare una nota, un accordo o semplicemente un cambio di suono durante una registrazione o un concerto. E quasi tutte le volte mi sono ritrovato ad ammettere che il caso aveva avuto un’idea migliore della mia.

Ecco , in musica, l’errore è fondamentale. Dà spessore ed intensità all’esecuzione, ma va riconosciuto ed enfatizzato per renderlo musicale.
Una volta sbagliato, bisogna avere la faccia tosta e l’azzardo di riprodurlo più volte e con convinzione durante il brano , tanto da rendere quella dissonanza una parte voluta del tema.

Lo sbaglio è in musica una possibilità aperta, un faro su una strada che ragionando razionalmente non avremmo mai preso in considerazione .
La facilità a sbagliare è una delle più grandi riserve di idee di sempre, ma coltivare questo tipo di attitudine richiede esperienza.

Io sono piuttosto fortunato: le uniche volte in cui sono nel giusto è quando sbaglio.

Commetto errori con molta facilità su vari fronti e non può che non accadere anche su quello musicale. Quindi diciamo che mi viene facile.
Ma l’abilità a riconoscere un errore ed esasperarlo invece di correggerlo si impara col tempo.

ALT: mio dio, una pasta scotta e salata è solo una schifosissima pasta scotta e salata.

Il teatro dei cappelletti migliori del mondo.

Il teatro socjale di Piangipane è a due passi da Ravenna e a tre anni luce da Milano.

E’ sociale, perché come ci racconta uno dei volontari ultrasessantenni che lo tengono in piedi da sempre ” veniva chiunque volesse e si portava la sedia da casa “, e soprattutto ha la J al posto della I “perché qua siam sempre stati contro il sistema”.

C’è un mega schermo dove proiettano film “da quando hanno iniziato a farli” , e un bel palco dove stasera abbiam fatto un bel concerto , finalmente restituendo alle immagini la colonna sonora che avevamo rubato. Finalmente tutti italiani, a suonare repertorio italiano fra i migliori di sempre , in un posto che più italiano di così si muore.

Il teatro è dei primi del 900 appena ristrutturato, ma la cosa che non mi torna è che le belle sedie della platea sono sistemate a quattro a quattro intorno a dei tavoli quadrati.

Dalle prove dei suoni non c’è persona che incontro che non mostri orgoglio per la struttura, ma non ne avevo ancora colto il vero motivo:

nel teatro socjale di Piangipane, fra un tempo e l’altro dello spettacolo si servono i cappelletti.

La cosa è serissima, siamo vicino Ravenna, dove il cappelletto si fa rigorosamente con il ripieno di parmigiano, e da quanto mi spiegano è l’unico posto dove se non c’è il parmigiano e solo il parmigiano non si parla di cappelletti ravennesi. Praticamente la variante personale non è ammessa. Per nessun motivo al mondo.

A detta dei locali è il posto migliore dove mangiarli, ci vengono apposta .
In molti si azzardano ad affermare che “li fanno meglio di mia nonna”, e con queste referenze non posso che realizzare all’istante che sono nel posto dove mangerò i cappelletti ravennesi più buoni del mondo.

Tutti non fanno altro che ripeterci se abbiam finito le prove e siamo pronti , e insomma il momento arriva.
Non li descrivo, non mi sembra giusto. E’ un’esperienza che va consumata sul posto, condivisa con l’orgoglio degli affezionati e lo stupore degli avventori. Stavolta la metafisica del rito è talmente irriproducibile a parole che l’unica cosa che posso fare è esortarvi ad andarci . A mangiare i cappelletti , certo, e magari a vedersi pure il film che proiettano.

E’ proprio vero;
come dice sempre un mio amico cuoco e pianista eccelso: la provincia ci salverà.

Love Love Love.

Un altro aspetto della vita del giovane “musicista” di professione è che se non si sta in giro a suonare, si lavora in studio.
E spesso e volentieri , come nel mio caso, studio e casa coincidono mandandoti a puttane qualsiasi biociclo(?) naturale.

Sei incollato con gli occhi sul computer, le mani sullo strumento , i piedi sui pedali. Mandi mail, fatture , spippoli su myspace, rispondi al telefono , e non ti accorgi che sono già le otto di sera e dalle dieci della mattina non ti sei alzato nemmeno un secondo. A parte il rischio della trombosi c’è quello della sottoalimentazione.

Ecco, ci si dimentica spesso e volentieri di mangiare.
E per me è uno smacco. Anche se a volte ha l’indubbio fascino di farti sentire molto rokkenroll, non mangiare è come non vedere la luce del sole al mattino.

Tutto ciò per dire che stasera alle otto mi sono alzato dalla sedia con la testa che mi girava, le gambe formicolanti , lo stomaco che sembrava un synth e il senso di profondo autodisprezzo ma …dillà in cucina non mi ero neanche accorto che una farfalla silenziosa e furbetta smanettava da un’ora:

Vellutata di fagioli cannellini con gamberoni.
Love , love , love.

Ecco, fra e me e la farfalla in questione ,che non cito perchè un pò terrone e geloso lo sono , il cibo è da sempre uno dei punti fondanti del nostro rapporto, è un modo per comunicare. Goderci insieme un piatto di questa entità è un’orgia spudorata di contatto…ok mi ricompongo. Dunque:

in un pentolino mettere un filo d’olio , uno spicchio d’aglio con la camicia e due manciate di fagioli cannellini precedentemente ammollati in acqua e scolati.

Far rosolare, aggiungere un pezzetto di dado e coprire con acqua fino a due dita in più rispetto alla loro quantità. Far cuocere per circa 10 minuti ,mescolando ogni tanto ,fino a quando non vi sembra che la consistenza sia piuttosto cremosa.

Saltare in padella con un filo d’olio ed uno spicchio d’aglio in camicia 7-8 gamberoni grandi e freschi , dopo 3-4 minuti di fiamma viva sfumate con il vino. Appena non sentite più l’odore di alcohol le code sono cotte.(devono essere morbide e succose , non stracuocere! ) Tagliatele via dalla testa e mettetele da parte in un piatto.
Continuate la cottura con le teste ( il sapore è tutto là) aggiungendo un goccio d’acqua dopo averle un pò schiacciate con la forchetta e cuocendo per una decina di minuti ancora fino a quando il sughetto non risulta avere un aspetto che vi piace. (questa cosa si chiama fumetto).

Filtrate il fumetto così ottenuto in un colino e unitelo ai fagioli, frullate il tutto con un minipimer ad immersione direttamente nella pentola.

Versate la vellutata in un piatto fondo e adagiadevi sopra 3 code di gamberi pulite a porzione , un filo d’olio di oliva a crudo e una grattata di pepe.

Love Love Love.