Archivio per aprile 2008

Kitchen Symphony (1961).

Super Mario , cioccolato e arance.

Qualche giorno fa mi sono fatto una partita micidiale a supermario. Il primo, quello storico.

Colonna sonora eccezionale , questa:

Tempo fa ne feci una versione per chitarra, cercando di fare bassi e melodia insieme e mi divertivo come un pazzo, prima o poi la posto.

Dopo l’ennesimo funghetto ingerito mi è venuta voglia di un bel dessert veloce: arance e fonduta di cioccolato . Non è di stagione sicuramente, ma dopo le fatiche in tuta da lavoro e le ingurgitate di monete sonanti , non c’è niente di più rinfrescante e goloso allo stesso tempo . In più, la leggerezza del motivo musicale elimina parte del senso di colpa ipercalorico.

La fonduta di cioccolato è semplice, basta prendere una tavoletta fondente di buona qualità , farla a pezzi e metterla a fondere a bagnomaria in un tegamino. Poi ci aggiungo un goccino di grand marnier , e il gioco è fatto. Le arance devono essere succose , molto zuccherine e piuttosto fresche altrimenti il contrasto non fa faville.

Ops, quadro bonus.

La telecaster ed il coltello.

Le mie armi preferite sono la mia telecaster e il mio nuovo coltellazzo da cucina professionale.

Bisogna solo stare attenti all’ uso che se ne fa.
Per zittire il chiacchierone della prima fila basta percuotere la chitarra e alzare a 11 il volume dell’ampli , mentre per la lingua del commensale antipatico è molto più difficile. Tagliargliela di netto a tavola è maleducazione e sporca i commensali simpatici , ma una julienne di patate croccanti e asiago di solito sortisce un effetto simile: resterà muto almeno per i minuti dedicati a consumare il piatto.

Per preparare questa delizia ci vuole circa metà Ok Computer o poco più . Arrivati a Karma Police dovreste aver quasi finito.

Patate di buona qualità (no supermercato please), sbucciate , lavate e tagliatele a julienne fine con il coltellazzo di cui sopra . Lavatele ancora una volta in modo che perdano tutto l’amido che possono , le aiuterà ad essere ancora più croccanti.
Tamponatele per bene asciugandole con un panno morbido.

Mettete sul fuoco una padella senza niente e fatela scaldare fino a renderla rovente, e nel frattempo prendete un bel pezzo di asiago e fatene delle strisce o dei cubetti di mezzo centimetro di altezza.
Appena la padela è rovente prendete un pò di patate con una schiumarola e “modellate” un disco di julienne , poi appoggiatelo sulla padella cercando di mantenere una forma tondeggiante.
Dopo qualche minuto le patate si saranno abbrustolite per bene sulla base , mettete ora i pezzetti di asiago al centro del tondo e coprite con un altro disco di patate julienne. Girate.

Lasciate abrustolire anche il nuovo lato , il calore farà ammorbidire il cuore di formaggio.

Passate l’hamburger di patate e formaggio per 5 minuti al forno , a 200 gradi.

Un pò di radicchio in padella , morbido e d amarognolo, si accompagna bene al piatto e bilancia la croccante delicatezza della patata e del formaggio.
Spolverata di pepe a caldo, e la lingua scomoda è occupata per un pò.

Armi molto pericolose.

Fame, non nel senso del musical.

A quindici anni ho preso la mia prima sbronza.
Non la smettevo più di bere da quella bottiglia verde bassa e larga, con etichetta a caratteri gotici dal nome impronunciabile e illeggibile. Ora che so leggere l’ho imparato bene : Jaegermaister, dolce e forte. Non esattamente un aperitivo.

Fu anche la prima volta dove presi coraggio , imbracciai la chitarra elettrica e mi cimentai nel blues che da sempre, come nei riguardi di Hendrix il marziano,cerco di toccare il meno possibile per quanto possa farlo uno che di mestiere suona la chitarra e gli amplificatori a valvole. Di filologico con il blues ho solo la malinconia congenita, il resto non ho idea di come esca fuori da quelle manine.

Ero in camera mia, con Valerio accanto che godeva come un caimano e la sua chitarra classica . Insomma, la jam venne bene, eravamo piuttosto cotti ma furono le prime note con cui capìi che cosa volesse dire suonare condividendo intimamente.
Gioia pura, assolutamente da ripetere.
Ma provoca dipendenza, e le crisi di astinenza sono brutte.
Hai la sensazione della fame, vera.

Eravamo in tanti e a fine serata non la smettevo più di implorare la gente di restare, nonostante gli irriducibili implorati fossero sempre i soliti quattro e il sole iniziasse a scardinarti le palpebre.

Volevo condividere, stare insieme a tutti fino alla fine di tutto. Stare insieme.Suonare insieme ancora e per sempre.
“non ve ne andate” ripetevo “non ve ne andate”.

E poi me ne sono andato io.

Se almeno sapessi dove cacchio mi trovo.

Ho sempre quella fame là. Ma è notte, non c’è nessuno da nessuna parte con cui parlare e questo un pò di fame me la fa passare.

Pollo.

A volte vorrei essere spennato , messo nel forno con le patate o fritto in uova e pangrattato.
Mangiato e digerito.
E amen.

Rokkenrooll.

Il panino e l’accordatura standard. Teorema della comodità.

Che la chitarra vada accordata partendo dal Mi e arrivando al Mi passando per un La un Re un Sol e un Si è una convenzione comoda. Nel tempo si è giunti a constatare che per ottenere in maniera ergonomica dei suoni familiari, questa fosse la soluzione migliore. Le dita per passare da un accordo allegro ad uno triste si spostano di pochissimo , producendo cambiameni incredibili passando da modalità chiamate MAGGIORI a MINORI con il comodo spostamento di mezzo centimetro di un solo dito fra le cinque a disposizone.

Direi che è una conquista.

Ma è comoda

Il panino pure nasce come pranzo portatile: comodo.

La sua funzione primaria è quella di sostituire un pasto fatto di carboidrati , vitamine e proteine con un oggetto non troppo più grande delle proprie mani né troppo pià grande di una bocca media. Il sopra e il sotto di pane evitano che ci si sporchi col ripieno, la forma compatta permette di posizionarlo nei posti più impensati.

La funzionalità a volte si sposa con l’invadente piacere dell’utenza e quando succede è un tripudio.E’ come il perfetto oggetto di design: funzione e fruizione sono ai livelli massimi. Ma.

Il fatto è che il panino ho provato a scoperchiarlo, a togliere la funzionalità portatile e comoda per accedere alla goduria immediata e piena e di un panino scomodo. E’ che l’altra sera ho rotto due corde durante un concerto e ho suonato con due corde in meno. E’ stato arduo , ma bello.

Pane fresco , possibilmente appena sfornato.

Mortadella con pistacchio, tagliata finissima da non più di un’ora.

Panino destrutturato:

sedersi e con calma preparare il rito, avendo cura della tavola. Il caos e l’orgia dei sensi vanno bilanciati con una forma che in parte compensi il senso di colpa. Altrimenti diventa pornografico, e il piacere intenso con il porno c’entra poco.L’orgia libera e senza controllo è molto meno intensa di un’orgia con delle regole. Il non potere tutto esalta ciò che invece si può fare.

E quello che si può fare è pizzicare il pane senza tagliarlo e adagiando sul boccone appena staccato dalla baguette una fetta intera di mortadella lasciandola cadere morbidamente sulla mollica. Si piegherà su sé stessa in maniera così naturale che sarà impossibile non apprezzarne le forme.

Eccolo lì il panino, pronto per essere addentato. Un panino di almeno otto bocconi di questo tipo . Un pezzetto e una fetta .Le curve di mortadella vi accoglieranno morbidamente , una via l’altra ,prima di farvi incotrare la mollica calda e morbida per poi condurvi alla crosta del pane, che desideravate proprio così profumata e croccante dopo tanta morbida voluttà.Non è comodo come una fetta sopra , l’altra sotto e la mortadella al centro: ci si ritrova le mani unte e il tavolo pieno di molliche.

Viva le molliche e le corde rotte.

Da Morricone alla Carbonara. E ritorno. E di nuovo.

La carbonara è un classico e va rispettato. La combinazione perfetta degli ingredienti va inseguita fino alla perfezione, non si può mica fare una carbonara senza averla mangiata in almeno 20 famiglie romane e 10 famiglie del basso lazio. Perché la ricetta esatta non esiste, esiste ciò che si mangia e cosa e come ci piace. Il grande classico trascende la ricetta e i significanti, parla al cuore. Dritto e diretto.

Avvicinarsi ai classici non è facile, si rischiano paragoni mortali, ma a volte si prova. Si ama così tanto che assistere non ci riempie più. Si DEVE provare a farli veramente propri.

Dopo anni di inseguimento del riultato perfetto , ieri, proprio ieri ,mentre ripassavo il tema principale di “indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” ammirando la linearità della scrittura, la chiarezza compositiva e l’amore per l’azzardo armonico della seconda ripresa mi sono prima commosso, poi illuminato. “E se mettessi solo il tuorlo?” , “E se togliessi la cipolla?”. Less is more, lo so da un pò , ma per metterlo in pratica ci vuole coraggio.Caro Ennio, torno subito.

L’acqua bolle, e la pancetta scelta in luogo del guanciale sfrigola allegra nell’olio preriscaldato. Nel frattempo prendo 3 uova freschissime , ne faccio 3 tuorli e non ce la faccio : lascio almeno un albume. Per 300 grammi di pasta ci siamo.

Rompo le uova con la forchetta , mentre la pancetta scrocchia: pronta . Aggiungo poco sale all’acqua, butto i vermicelli e intanto gratto il pecorino. Scolo al dente la pasta, la lascio venti secondi a raffreddare e poi la butto nella boule con le uova e la pancetta croccante. Aggiungo il pecorino, e un mezzo mestolo di acqua di cottura smuovendo la pasta per evitare che l’uovo cuocia .
Pepe, tanto pepe. Grani grossi macinati in quantità giusto all’ultimo , il calore ne esalterà il profumo.

Adoro i classici.


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